“Non essere uomo” è il pensiero molto spesso angosciante di chi ha avuto un esperienza sessuale che percepisce come mal riuscita.
Per molti uomini, l’erezione del pene è vissuta come una sorta di rappresentazione del proprio essere forti, potenti, di valore e di successo. Culturalmente, essendo una peculiarità tutta maschile, è quasi un sinonimo di aderenza al ruolo maschile.
“In questo senso l’erezione non è riferibile alla sola possibilità di solgere il coito, ma ha il significato di aggredire, di imporsi, di conquistare, di penetrare, in altri termini di essere considerato un uomo” (Rifelli, 2010).
Il vissuto di chi ha una disfunzione erettile è spesso quindi quello di vergogna, colpa, incredulità, senso di impotenza e grande disvalore di sè, come se la funzionalità fisiologica di una parte del proprio corpo coinvolgesse tutta la personalità mettendo in discussione quella che si crede essere tutta la dignità di sè come uomo.
Per comprendere a pieno questo vissuto è indispensabile contestualizzarlo quindi all’interno di questi significati culturali che diamo all’uomo, al pene e alla sua centralità all’interno di un rapporto sessuale.
Ed è così che pensare che questo sintomo abbia cause organiche e cure organiche, che sia cioè riconducibile ad un quache problema del corpo che il medico potrà velocemente scoprire con delle analisi e curare con dei farmaci, protegge dall’entrare in contatto con tutti questi significati e questi sentimenti. Sostiene la speranza che l’intervento di un medico possa velocemente e miracolosamente mandar via questi pensieri svalutanti. Protegge dal mettersi in discussione, dallo stare dentro vissuti ed emozioni che travolgono e fanno stare in ansia.
Spesso, invece, l’intervento del medico non basta, i farmaci che all’inizio sembravano funzionare dopo poco non funzionano più. E questa speranza che all’origine di tutto ci sia qualcosa di fisiologico che “non dipenda da noi” svanisce.
Consultare un sessuologo richiedere allora coraggio. E’ necessario mettersi in discussione, tirare fuori tanta pazienza e forza per stare dentro questi vissuti. Ma mettersì in gioco e prendersi cura di sè profondamente è un investimento a lungo termire che alla fine paga sempre. E non in numeri, ma in amore incondizionato per la vita e per sè stessi.