“Cosa è per lei l’orgasmo?”
Ultimamente mi è capitato spesso, nella stanza del mio studio di Padova, di proporre questa domanda.
Molte donne trovano il coraggio di rivolgersi a me, e ai miei colleghi, perchè provano poco piacere quando fanno l’amore, perchè non ne provano affatto o perchè ne provano sì, ma non raggiungono l’orgasmo.
Ma cosa è il piacere? Cosa significa provarne poco? Cosa è poco e cosa è tanto? C’è quindi una quantità precisa di piacere che dobbiamo aspettarci quando facciamo l’amore? E soprattutto: cosa è l’orgasmo e come capisco se ho raggiunto l’orgasmo?
L’orgasmo è …
una esplosione di sensazioni
piacevoli che dà un senso di
rilassamento e di appagamento
totale.
L’orgasmo è
un languore, è un piacere che
come fulmine esplode in
un’estasi di luce.
L’orgasmo è
perdita di coscienza
di sé, dissolvenza del
confine tra l’io e il
mondo.
Non per tutti l’orgasmo ha lo stesso significato. Ed è per questo che è importante partire dalla nostra visione personale. Cercare di darne una definizione precisa e sempre valida per tutti, non solo priva l’orgasmo di magia e di mistero, ma presuppone quasi che ci sia un’idea di orgasmo valida con cui confrontare il nostro. E sottintende inoltre che l’orgasmo debba esserci per forza e che sia l’obiettivo finale di un rapporto sessuale, figuriamoci essere soddisfatti se non lo si vive.
Nella sessualità non ci sono delle regole prestabilite. Non c’è un giusto o uno sbagliato, un poco e un tanto. E soprattutto, la nostra maniera di vivere il piacere, la nostra maniera di fare l’amore, la nostra maniera di vivere la sessualità è unica e legittima sempre, purchè non ci faccia soffrire.
Certo è che se per noi l’orgasmo rappresenta come nell’ultimo esempio, più o meno consciamente, “la perdita di coscienza di sé, dissolvenza del confine tra l’io e il mondo”, se l’orgasmo rappresenta profondamente (e simbolicamente) per noi quella che i francesi chiamano «La Pétite Morte», viverlo non è sempre facile ma anzi spaventoso, e viverlo in coppia richiedere poter riporre nell’altra persona una fiducia smisurata.
Umberto Galimberti diceva infatti, nel tentativo di descrivere cosa fosse l’amore che:
“L’amore è tra me e quel fondo abissale che c’è dentro di me, a cui io posso accedere grazie a te. L’amore è molto solipsistico; e tu, con cui faccio l’amore, sei quel Virgilio che mi consente di andare nel mio Inferno, da cui poi emergo grazie alla tua presenza (perché non è mica detto che chi va all’Inferno poi riesca a uscire di nuovo). Grazie alla tua presenza io emergo: per questo non si fa l’amore con chiunque, ma con colui/lei di cui ci si fida; e di che cos’è che ci si fida? Della possibilità che dopo l’affondo nel mio abisso mi riporti fuori.”
E di certo, perdermi nel mio abisso senza sapere se posso uscirne fuori non è per tutti così facile.
Fare un percorso psicosessuologico, in questi casi, permette di navigare nei nostri abissi piano piano, in maniera sicura e in compagnia. Per poi imparare a “nuotare” e tuffarci senza paura, tutte le volte che lo desideriamo, certi che poi possiamo ritornare al sicuro sulla terra ferma.
Dott.ssa Gammino, Psicologa e Sessuologa Clinica a Padova